gomito del tennista-epicondilite

Quante volte hai sentito parlare del gomito del tennista? Poi magari ti è capitato di soffrirne, e hai scoperto che Roger Federer e Andre Agassi c’entravano poco o niente con questa infiammazione. Soprattutto, hai scoperto che il suo nome clinico, proprio come il dolore che porta, è un po’ meno simpatico di “gomito del tennista”: e cioè epicondilite.

Prima di cercare di capire in breve di cosa si tratta, sfatiamo un mito: per quanto si chiami “gomito del tennista”, in realtà l’epicondilite colpisce solo attorno al 5% dei giocatori di tennis. È pur vero che il movimento ripetuto con la racchetta può contribuire all’infiammazione di muscoli e tendini dell’avambraccio. Specie nei primi allenamenti, o se si gioca a lungo.

La definizione di “gomito del tennista”, insomma, è una metafora. Che però torna utile per capire di più di questa infiammazione. Come abbiamo detto, alcuni movimenti specifici portano alla tensione dei muscoli e dei tendini dell’avambraccio. Questi movimenti possono essere tanto ripetitivi, come detto, che improvvisi o faticosi. Se la tensione dei muscoli è eccessiva, si sviluppano dei microtraumi. Il dolore passa così gradualmente dal polso al resto del braccio. In alcuni casi coinvolge anche la mano.

Ora il quadro è più chiaro: è evidente che il gomito del tennista potrebbe essere anche quello del pianista o di chi lavora molto tempo al computer. Ma anche quello di chi fa giardinaggio o, perché no, di chi lavora in campagna. In generale, l’epicondilite colpisce chi passa molto tempo con gli arti superiori in tensione: troppo fermi o costretti in movimenti ripetitivi (lo ripetiamo, appunto!). E ovviamente può anche essere innescata da un trauma al gomito.

L’epicondilite, dunque, può colpire in egual misura uomini e donne che svolgono i mestieri o gli hobby più disparati, in genere tra i 40 e i 60 anni. Nello specifico, va detto che l’entità del dolore è ampiamente variabile: può essere un leggero fastidio come la quasi completa inabilità del movimento del braccio. In più, il dolore può manifestarsi anche quando il braccio è a riposo, o addirittura nel sonno.

Prima di spiegarti come intervenire a livello fisioterapico, ti proponiamo un breve riepilogo dei sintomi da epicondilite:

  • dolore che si irradia dalla parte esterna del gomito fino all’avambraccio e al polso
  • dolore quando si usa il polso
  • debolezza dell’avambraccio
  • dolore che peggiora nel corso di settimane o mesi
  • dolore nell’uso della mano per fare presa, come le strette di mano, e nei movimenti di torsione come girare una maniglia
  • dolore durante l’estensione del braccio
  • incapacità di tenere certi oggetti in mano, come ad esempio una penna.

Fisioterapia
La cattiva notizia è che il dolore da epicondilite può durare da sei mesi a due anni. Quella buona è che con una buona terapia si può guarire completamente nel giro di un anno.
Per ridurre i tempi di guarigione, FisioMediGroup propone diverse soluzioni. Si possono applicare tecniche manuali (massaggio e manipolazione) e esercizi. Eventualmente, si può passare a trattamenti come la TECAR Terapia o le onde d’urto. In alcuni casi vengono valutati anche tutori e apparecchiature ortopediche che supportino l’articolazione dei muscoli in tensione.

Insomma, che tu abbia mai preso in mano una racchetta o meno, non esitare a contattarci per saperne di più!

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